Elezioni in Germania: una prospettiva euroscettica è sempre più concreta
AMBROS MARIA KARNER
Un’Europa senza Germania è tanto inimmaginabile quanto una casa senza un tetto. Perché la Germania non è solo nel cuore dell’Europa geografica, ma anche una parte fondante della cultura e della storia europea. Si può dunque immaginare una Germania antieuropeista dopo le elezioni di febbraio? Uno sguardo rapido agli ultimi avvenimenti sul suolo tedesco e alla campagna elettorale ci offre alcune risposte.
Il 16 dicembre è stata ufficializzata dal parlamento tedesco la sfiducia al governo «semaforo» composto dai socialdemocratici (SPD), dai verdi (Grüne) e dai liberali tedeschi (FDP).
Solamente quattro giorni dopo, la Germania è scossa da un altro attentato a un mercatino di Natale, esattamente sette anni dopo quello precedente avvenuto a Berlino. Questa volta è stata Magdeburgo a essere vittima di una strage. L’attentatore, uno psichiatra cinquantenne di origine saudita, avvertiva sui social dei rischi di un’islamizzazione della Germania e avrebbe mostrato vicinanza al partito di estrema destra tedesco AfD. Ciò non ha impedito alla segretaria di quest’ultimo partito, Alice Weidel, di partecipare alla commemorazione pubblica per le vittime dell’attacco, nella piazza del Duomo di Magdeburgo, dove Thorsten Heise, alto esponente di un gruppo neonazista, ha fatto la sua apparizione incitando con degli slogan i manifestanti.
L’attentato di Magdeburgo ha dunque dato, come ci si poteva aspettare, ulteriore fiato alle già forti destre radicali del paese, che lanciano nuovi appelli contro l’immigrazione e minano l’unità politica tedesca dopo la sfiducia del proprio governo. Una questione di fiducia che è quasi un unicum nella storia della Repubblica federale; posta solo sei volte, ha portato in appena tre occasioni a elezioni anticipate: nel 1972, nel 1982 e nel 2005.
La crisi politica non rappresenta l’unica eccezione all’interno del panorama tedesco, perché, come già menzionato prima, dopo decenni di crescita economica, l’umore nell’economia della Germania è ai minimi storici. La maggior parte delle associazioni commerciali e industriali tedesche si aspetta un 2025 peggiore dell’anno precedente.
In Germania «il lavoro, i materiali e l’energia sono costosi, l’eccessiva burocrazia paralizza il paese, la situazione incerta sul mercato mondiale indebolisce le esportazioni e il caos politico interno frena gli investimenti», riassume Michael Hüther, direttore dell’Istituto dell’Economia Tedesca vicino agli interessi dei datori di lavoro (IW), al quotidiano tedesco Suddeutsche Zeitung. «Il prossimo governo federale si troverà di fronte al grande compito di creare una prospettiva economica sostenibile».
Alla crescente insoddisfazione del settore industriale si affianca un’emergenza abitativa sempre più grave. Dal 2014 ad oggi gli alloggi popolari sono diminuiti di 400 mila unità. La promessa del governo di Scholz di fermare il dissanguamento di case popolari con la costruzione di 100 mila nuovi alloggi sociali all’anno non è stata evidentemente mantenuta. Gli affitti sono cresciuti gradualmente in tutto il paese, toccando picchi del 10,5% di crescita media annua nelle grandi città. Berlino è la città più colpita, con una crescita media annua del 26,7%. Ciò è in parte dovuto alla «programmatica esclusione di tanti alloggi popolari dal vincolo sul prezzo dell’affitto», scrive lo Spiegel.
In un comunicato ufficiale, l’IG Metall – il sindacato industriale che rappresenta più di due milioni di lavoratori metalmeccanici – ha fatto sapere che «l’industria siderurgica tedesca è minacciata nella sua stessa esistenza» e che «se dovesse crollare, 85 mila persone perderebbero il posto di lavoro». L’inasprimento del sistema di scambio delle emissioni di CO2 dell’Unione Europea e l’inondazione del mercato europeo con acciaio cinese a basso prezzo vengono identificati da IG Metall come i fattori principali della crisi dell’industria dell’acciaio tedesco. Secondo alcuni studi citati dallo stesso sindacato, più di mezzo milione di posti di lavoro sono legati al settore siderurgico e potrebbero essere messi a serio rischio a seguito di un suo eventuale fallimento.
I problemi economici della Germania non solo amplificano il malcontento sociale della popolazione, con il risultato di portare un sempre più forte consenso alle destre autoritarie, ma indeboliscono, come ci si potrebbe aspettare, la struttura economica e politica dell’intera Unione Europea. Gli ultimi sondaggi politici pubblicati dal quotidiano berlinese Tagesspiegel vedono il partito di Merz (CDU) al 32%, l’AfD al 19%, il partito del cancelliere in carica (SPD) al 16%, i verdi (Grüne) al 13% e il partito di stampo rossobruno (BSW) al 6%. Il superamento della soglia minima del 5% per entrare in parlamento da parte dei liberali (FDP) e della sinistra tedesca (Linke) è altamente incerto.
Ad ora è improbabile che i democristiani di Friedrich Merz si coalizzino con l’estrema destra dell’AfD, stante anche l’espressa esclusione di una qualsiasi collaborazione con l’AfD proclamata dallo stesso Merz. Una grande coalizione (CDU+SPD) o una coalizione nero-verde (CDU+Grüne) rimangono le opzioni più accreditate. Ciò malgrado, la formazione di un nuovo governo si prospetta molto difficile, date le evidenti differenze tra i partiti, e l’AfD ne uscirà quasi sicuramente rinforzata e con più mezzi per fare pressione sul prossimo governo tedesco.
Un altro importante capitolo è sicuramente rappresentato da Elon Musk, che utilizza X (Twitter), piattaforma di sua proprietà, come un megafono per amplificare la sua visione del mondo e influenzare gli elettorati di tutto il mondo occidentale. Grande stupore e rabbia ha suscitato in Germania un suo intervento per il quotidiano Die Welt, in cui proponeva l’AfD come panacea per tutti i problemi del paese. Stando alle ultime notizie, pare che voglia intervistare Alice Weidel su X per dare manforte al partito prima delle elezioni. Il cancelliere, Olaf Scholz, si è più volte mostrato irritato per le ingerenze di Musk, dopo che quest’ultimo è addirittura arrivato a definire Scholz un idiota. Per immaginare che le mire del miliardario sudafricano siano di indebolire una visione europeista in favore di un’Europa delle destre sovraniste non c’è bisogno di grande fantasia.
Nel programma elettorale dell’AfD d’altronde viene espressa una chiara avversione al progetto di integrazione europea e la contrarietà «alla trasformazione dell’UE in uno Stato federale centralista». Al contrario, l’AfD si impegnerebbe «a riportare l’UE a una comunità economica e di interessi di Stati sovrani». Inoltre, minaccia «un’uscita della Germania o una dissoluzione democratica dell’Unione Europea» in caso che le sue «proposte di riforma non dovessero concretizzarsi nel sistema esistente dell’UE». In un’intervista al sito di informazione americano Bloomberg, Alice Weidel ha più volte esplicitato che il suo partito vedrebbe di buon occhio la sostituzione dell’Unione Europea con una Comunità economica europea.
Si pone il dubbio su quanto l’orientamento antieuropeista dell’AfD troverà spazio nelle dinamiche politiche postelettorali.
Un indizio ce lo può dare il programma elettorale della CDU, che prevede la «messa in atto di un blocco delle accoglienze con effetto immediato» e i respingimenti «alle frontiere tedesche di coloro che provengono da un altro Stato membro dell’UE o dallo spazio Schengen e intendono presentare una domanda di asilo in Germania». Le programmate politiche d’immigrazione del partito di Friedrich Merz possono essere lette come un avvicinamento all’AfD. Con la «velocizzazione dei processi di rimpatrio» e con «espulsioni regolari verso Siria e Afghanistan» in vista delle nuove dinamiche politiche interne dei due paesi. A livello europeo il partito si dichiara a favore di «un cambiamento fondamentale del diritto d’asilo europeo» e un «processo di riforma nell’UE che realizzi il concetto di paesi terzi sicuri».
Da tempo il principale favorito alla corsa per il cancellierato, Friedrich Merz, ha spostato a destra il baricentro tematico e retorico del vecchio partito di Angela Merkel. In seguito all’attentato di Magdeburgo, ha dichiarato di voler evitare che «potenziali criminali entrino nel nostro Paese» e che «il fatto che gli stranieri commettano più crimini dei tedeschi è ormai un dato pubblicamente documentato». Secondo Merz, la Germania «tollera troppe persone (…) che non hanno alcun interesse a integrarsi e che mettono a rischio la (…) democrazia» del Paese.
Queste affermazioni, impensabili fino a pochi anni fa per un partito di destra moderato come la CDU, segnano un ulteriore passo verso una radicalizzazione generale della retorica politica tedesca. Se i toni della campagna elettorale fossero già ampiamente influenzati dall’agenda del partito di Alice Weidel, non sarebbe sorprendente vedere tali tematiche riflettersi anche nelle politiche di una futura coalizione di governo a guida CDU.
Se un’Europa senza Germania è impensabile, una Germania più euroscettica appare una prospettiva sempre più concreta.
Ambros Maria Karner, laureato in filosofia ed economia all’Università di Monaco di Baviera, ha collaborato con la pagina culturale del «Sole 24 Ore» e con la «Süddeutsche Zeitung». Da sei mesi vive a Berlino, dove sta completando un master in filosofia politica alla Libera Università di Berlino.