Io sono (anche) Madrid. Intervento di Chiara Montagne

Aprile 2020. Come sarà capitato a molti di voi, nel corso del mio iter universitario mi sono casualmente incrociata con il progetto Erasmus.
Bologna, la sede della mia università, sin dai primi anni novanta ha partecipato a questo progetto, finanziato dall’Unione Europea, che consente agli studenti di frequentare un periodo di studi in un’altra città europea. Al secondo anno di giurisprudenza io ho scelto Madrid. Una capitale vitalissima, una lingua diversa ma affine all’italiano, un paese entrato nell’allora Comunità Europea solo dal 1986 e, soprattutto, un popolo ospitale e pieno di energia. Madrid ai miei occhi poteva apparire una città disorganizzata, ma in realtà non lo era affatto. Per trovare un alloggio mi ero recata alla segreteria dell’università, dove una gentile addetta mi aveva fornito l’elenco degli appartamenti messi a disposizione degli studenti. Dopo pochi giorni dal mio arrivo a Madrid abitavo in un grande appartamento a Cuatro Caminos che condividevo con due ragazze irlandesi e una italiana. L’Università Complutense era simile ad un grande campus, con tanti edifici moderni circondati da prati, dove quasi tutte le lezioni si tenevano in piccole aule con al massimo una ventina di persone. I professori all’inizio del corso richiedevano una scheda di ogni studente e durante le lezioni interloquivano spesso, facevano domande e chiedevano la nostra opinione. Per sostenere l’esame ci si doveva prenotare e così il tutto si svolgeva senza lunghe attese. I corsi erano frequentati da studenti spagnoli e di molte altre nazionalità. Anche nei locali c’era sempre un grande miscuglio di lingue, accenti e colori. Ma tutto funzionava e i madrileni, di nascita o temporanei come me, potevano vedere concerti, spettacoli, partite, andare a tapas o passeggiare a qualsiasi ora.

Le tensioni comunque non mancavano. La Spagna ha sempre vissuto profonde divisioni interne: le spinte autonomiste della Catalogna e dei Paesi Baschi, il terrorismo, la monarchia ed il parlamento e una dittatura non troppo lontana nel tempo.
Persino le lingue in Spagna sono due: castillano e catalano. Madrid non ha monumenti spettacolari, ospita una famiglia reale abbastanza normale, ha i tempi dilatati di tutte le città spagnole, ha un bel parco e dei musei sorprendenti. Ma ciò che stupisce è come chiunque lì si possa sentire a casa propria. Vivere in una città dove non si è nati e dove si parla una lingua diversa può essere destabilizzante. A Madrid, invece, nessuno mi ha mai fatto sentire “fuori posto”. In questi giorni di pandemia vedere le immagini dei madrileni disorganizzati e allarmati, con i malati distesi per terra nei corridoi degli ospedali e le tende non ancora allestite mi ha profondamente colpito. I madrileni reagiranno e sapranno affrontare questo momento difficile, così come hanno sempre superato le numerose prove che la storia, anche recente, ha posto loro.
E nessuno più di noi italiani può sperarlo.

 

Chiara Montagner
Avvocato

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