“Né centauro né chimera – modesta proposta per un’Europa plurale”, di Antonio Armellini e Gerardo Mombelli (Ed. Marsilio) si inserisce pienamente nel dibattito avviato dalle recenti dichiarazioni di Angela Merkel sull’Europa a diverse velocità, su cui si è inserito con autonome proposte il Premier Gentiloni.
“Né centauro né chimera” riprende – ampliandolo e strutturandolo – il tema delle “due Europe” che uno dei due autori, Armellini, ha già trattato in qualche occasione sul Corriere della Sera.
Ospitiamo con piacere quindi questa sua breve nota che riprende ed aggiorna fino alle ultime ore il tema del percorso di unificazione europea.
In estrema sintesi, se si vuole ridare fiato a una (qualsivoglia) Unione Europea, non si può non partire dalla constatazione che non esiste più al suo interno un obiettivo comune e condiviso. Merkel e Gentiloni hanno parlato di integrazione differenziata: tema vecchio che riflette, come si è correttamente detto, una realtà esistente da tempo. Codificare questa evoluzione è ormai inevitabile, ma l’approccio indicato non basta o, almeno, non basta più.
Le velocità differenziate presuppongono che vi sia una direzione comune cui ci si indirizza. I cerchi concentrici sono possibili, se sono attorno a un centro unico. Ma se questi non ci sono –
come sosteniamo e come la realtà politica dell’integrazione dimostra – allora è necessario pensare in maniera innovativa, “out of the box”.
E’ ciò che si propone di fare “Né centauro né chimera”.
Che non si possa più parlare di un mantra europeo unico, brexit e altro lo hanno messo in chiaro (Trump dà a sua volta un assist importante).
E’ necessario fare un passo ulteriore: due Europe
– una che conserva la vocazione tendenzialmente sovranazionale, in cui trovano posto moneta, frontiere, ecc. e che richiede un salto di qualità nel concetto e nella pratica dell’integrazione
– l’altra centrata sulla razionalizzazione del mercato.
Due Europe distinte, parallele e non conflittuali, capaci di dare spazio in autonomia alle priorità degli uni e degli altri, senza rigidi steccati e nell’adesione ai principi fondamentali di civiltà che definiscono l’idea di Europa.
L’Europa è – per l’ennesima volta – a un tornante che stavolta si presenta più decisivo degli altri. Trump può imprimere una spinta alla coesione dell’UE o, al contrario, dare fiato ai populismi distruttivi che rischiano di segnare la fine dell’intero progetto.
Senza un salto di qualità verso l’integrazione politica (sovranazionale, non faccia paura la parola) non ha senso continuare a parlare di euro o di Schengen. Se la volontà di procedere in questo senso non c’è, allora è bene prendere atto che l’Europa non è più un progetto politico comune, ma diventa una associazione di stati per la gestione condivisa di alcun interessi, in primis. Diventa un’altra Europa, non illegittima ma diversa; si tratta di riconoscerlo. Le velocità differenziate, ecc. tengono in piedi l’ambiguità sulla persistenza di un obiettivo unico, per quanto lontano; le “due Europe” consentono di fare chiarezza e disegnare meglio cosa fare, e con chi.
Antonio Armellini